Terapia Genica

La terapia genica è una terapia basata sull’inserimento di materiale genetico (DNA) nelle cellule del corpo del paziente e vede impegnati moltissimi centri di ricerca italiani e internazionali che, grazie ad un’intensa attività di studio e sperimentazione, ne stanno confermando la validità, soprattutto in prospettiva di una guarigione definitiva da alcune malattie finora solo rallentate nella progressione, grazie all’utilizzo di farmaci, ma non del tutto debellate. Il fine ultimo della terapia genica è quello di sconfiggere alla radice le malattie di origine genetica, facendo funzionare correttamente un gene “difettoso”, neutralizzando un gene “nocivo” o inserendo nelle cellule del corpo dei pazienti un gene “estraneo” (esogeno) in grado di far produrre direttamente all’interno del corpo una molecola utile (ad es. una proteina con azione farmacologica).

 

Dalla prima applicazione di terapia genica in oftalmologia sono trascorsi solo pochi anni, nel corso dei quali si sono susseguite una serie di ricerche e sperimentazioni che hanno portato a considerare la terapia genica l’arma d’elezione per curare alcune malattie oculari ereditarie.

In oculistica, la terapia genica è stata sperimentata nell’uomo per trattare l’amaurosi congenita di Leber (LCA). L’LCA rappresenta in realtà un gruppo di patologie retiniche ereditarie rare che si manifestano già nei primi mesi di vita e sono caratterizzate da scarsa visibilità e da una varietà di alterazioni retiniche spesso accompagnate da nistagmo (movimento continuo e incontrollato degli occhi), strabismo, cataratta, fotofobia e altri problemi.

Si chiama RPE65 uno dei geni la cui alterazione è associata all’amaurosi congenita di Leber negli esseri umani. La scoperta è avvenuta nel corso degli anni a seguito di numerosi studi e sperimentazioni portati avanti da un team di scienziati della University of Pennsylvania, dell’Università della Florida e della Cornell University. Il gruppo di ricercatori ha condotto una sperimentazione preclinica su animali da laboratorio, ottenendo dei risultati sorprendenti. Nello specifico, i ricercatori hanno introdotto una copia sana del gene RPE65 nelle cellule degli occhi di alcuni cuccioli di cane Briard attraverso l’utilizzo di vettori virali (virus resi innocui), permettendo agli animali trattati di riacquistare la vista in modo parziale.

I risultati ottenuti hanno spinto i ricercatori ad avviare la sperimentazione anche sull’uomo. Anche in questo caso è stato utilizzato un vettore virale per trasferire nelle cellule degli occhi dei pazienti una “copia sana” del gene RPE65 mediante iniezione. Il trattamento è stato inizialmente effettuato in un solo occhio e ha ottenuto risultati particolarmente incoraggianti in tempi relativamente brevi, soprattutto nei soggetti più giovani. Alcuni dei pazienti reclutati nella prima fase di sperimentazione sono stati sottoposti ad una seconda fase di sperimentazione, ricevendo un’iniezione di virus nell’occhio non ancora trattato, con un miglioramento nell’abilità di decifrare lettere dopo soli sei mesi.

La ricerca non si interromperà e, come annunciato dagli stessi ricercatori, nel 2013 tutti i restanti pazienti reclutati nella prima fase di sperimentazione saranno sottoposti ad una seconda iniezione di virus nell’occhio non ancora trattato. Un enorme passo avanti e una reale speranza per i malati di LCA di recuperare la visione.

Ci auguriamo che la terapia genica per l’LCA rappresenti solo il primo di tanti passi verso la sconfitta di un numero sempre maggiore di patologie di origine genetica, oculari e non. Trovare un gene la cui alterazione, da sola o insieme a quella di altri geni, è responsabile di una determinata malattia, leggere il suo “manuale di istruzioni” e comprendere il ruolo che detiene nel decifrare l’intera matrice del sistema visivo è l’obiettivo che da oltre un ventennio stanno cercando di raggiungere i genetisti che si occupano di patologie oculari che, in relativamente pochi anni, hanno rintracciato centinaia di geni le cui alterazioni potrebbero essere responsabili di diverse patologie oculari.

Per il momento, la terapia genica è stata sperimentata solo nei pazienti affetti da LCA. Non si vogliono quindi creare false aspettative in pazienti affetti da altre gravi patologie oculari di origine genetica, come ad esempio nel caso delle distrofie retiniche, per le quali la messa a punto di una terapia genetica efficace richiederà ancora molti anni di ricerca.

Ricordiamo che se l’idea che sta alla base della terapia genica è molto semplice e lineare, altrettanto non si può dire per la sua applicazione terapeutica nell’uomo, per la quale sono necessarie conoscenze molto avanzate e approfondite del meccanismo fisiopatologico che genera la malattia di interesse, sia a livello cellulare ma anche e soprattutto a livello molecolare. L’utilizzo di virus inattivati per veicolare il materiale genetico all’interno del DNA delle cellule dei pazienti è oggi piuttosto sicuro dal punto di vista del danno potenziale del virus di per sé, ma l’inserzione del DNA deve essere altamente specifica, pena il danneggiamento o l’inattivazione di un gene utile o indispensabile. Anche ad una valutazione non professionale è chiaro che prima di passare alla sperimentazione clinica sull’uomo, i ricercatori devono essere sicuri di aver in mano il “manuale d’istruzione” del gene coinvolto nella patologia d’interesse e poter provare, mediante la sperimentazione sugli animali, di esser in grado di svolgere tutte le operazioni necessarie in modo corretto ed altamente preciso, al fine di ottenere il risultato prefissato con attendibilità e ripetibilità.

La ricerca, nonostante tutte le difficoltà, non si ferma e, seppur non immediati, crediamo che i progressi della terapia genica in campo oculistico saranno sempre maggiori.